La Cappella di San Rocco
La cappella di San Rocco ed Antonio sorge nel borgo omonimo, ai confini con Verzuolo. La sua costruzione, avvenuta nel 1631, è dovuta al voto effettuato dalla comunità durante la peste dell’anno precedente. La cappella viene aperta in occasione delle funzioni che vengono celebrate in occasione delle festività di Sant’Antonio, nel mese di gennaio e di San Rocco che si tiene la penultima domenica del mese di agosto.
La facciata è spoglia, interamente in muratura a vista, ritmata da quattro lesene sempre in muratura e da due finestre con arco a tutto sesto.
Domina la facciata il portale centrale, riquadrato in marmo con decorazioni che lasciano spazio ad una lunetta, affrescata con figure di angeli e il simbolo eucaristico e ad un cartiglio recante l’indicazione latina, sempre affrescata, di santi cui la cappella è dedicata.
Altre caratteristiche della cappella sono la pianta rettangolare, l’apertura curvilinea sulla facciata, il piccolo campanile addossato al tetto spiovente e le decorazioni e gli affreschi all’interno. La manutenzione ordinaria e straordinaria della cappella è ad opera dei massari e dell’associazione “Gli Amici di San Rocco”.
Presso la chiesa si celebrano attualmente due feste: a gennaio, la domenica più vicina alla festività di Sant’Antonio (17 gennaio) si festeggia con le funzioni religiose e il tradizionale “incanto”, una specie di asta ad offerta pubblica di animali e prodotti locali il cui ricavato è devoluto per la cappella; la penultima domenica di agosto, invece, si celebra la festività di San Rocco: l’intero borgo è in festa e, accanato alle funzioni religiose, vengono organizzate serate danzanti, una cena comunitaria e dei giochi per i bambini.
Curiosità
SAN ROCCO… E IL SUO CANE
Chi ne ha amato o ne ama uno lo sa bene: un cane ci dà comunque di più di quello che noi diamo a lui e spesso ci dà anche di più di quello che le altre persone ci danno.
Così accadde pure a San Rocco, uno dei santi taumaturghi più popolari in Occidente.
Tutti lo invocavano tra il Medioevo e l’Ottocento in occasione dei timori e del rinnovarsi delle epidemie di peste.
San Rocco è per questo anche uno dei santi occidentali più raffigurati.
Lo rappresentarono ogni genere di artisti: tanto quelli semplici dell’arte popolare, quanto alcuni tra i più gettonati come Tintoretto, Michelangelo, Ludovico Carracci, Guido Reni, Botticelli.
E tutti lo hanno dipinto o scolpito nello stesso modo, in un modo che serve a ricordare la sua storia, la storia di un pellegrino, con bastone, mantello, bisaccia, sandali, che va, nonostante una piaga sulla gamba, che cammina in compagnia di un cane, suo unico amico.
Rocco non era italiano, ma francese. Nacque a Montpellier in una famiglia agiata della grande borghesia mercantile tra il 1345 ed il 1350.
Secondo la tradizione, una volta morti i genitori e donate ai poveri tutte le sue ricchezze, lasciò la Francia e si mise in cammino verso l’Italia.
Scelse l’Italia, dove infuriavano pestilenze e guerre, perché, percorrendo la via dei pellegrinaggi, la cosiddetta via Francigena, sperava di raggiungere meglio il suo scopo: quello di curare i pellegrini ammalati, di consolarli, ma soprattutto di alleviare le sofferenze degli appestati, di quei derelitti, cioè, che nessuno voleva, di quegli sventurati per i quali non c’erano speranze.
Andando su e giù per l’Italia lavorò per anni in favore di questi malati ed operò anche guarigioni considerate miracolose.
Ma a Piacenza, dove giunse nel luglio 1371, mentre assisteva gli ammalati di peste dell’Ospedale di Santa Maria di Betlemme, si ammalò egli stesso.
Tormentato da un dolorosissimo bubbone all’inguine, non solo non trovò nessuno disposto a curarlo, ma addirittura si ritrovò cacciato dagli altri ammalati, stanchi dei suoi lamenti. Trascinatosi fino a Sarmato (a 17 km dalla città), Rocco si riparò in una grotta ad aspettare la morte.
Fu un cane che lo salvò. La bestiola, accortasi della sua presenza e della sua sofferenza, gli portò ogni giorno un pezzo di pane, fino alla sua guarigione.
San Rocco una volta guarito, non tornò in Francia, ma riprese la sua attività a favore degli appestati per la quale ancora oggi è ricordato.
Ed il suo cane lo seguì. Un cane ha tanto amore da dare e c’è sempre qualcuno che ne ha bisogno: persino un santo.
Senz’altro lo hanno capito negli ospizi bolognesi dove ogni ospite che lo desidera può adottare un cane abbandonato.